giovedì 12 settembre 2019

La Ri-conoscenza di noi stessi



Quando si compie un percorso personale, spesso pensiamo di scoprire nuovi lati di noi, parti nascoste, che vengono portate alla luce. Man mano approfondiamo e la sensazione di novità tende ad affievolirsi. Noi non apprendiamo qualcosa su noi stessi, ma lo ri-conosciamo. La consapevolezza che si attua attraverso un percorso di crescita personale è un ri-portare parti sopite di noi a risvegliarsi, accoglierci per come siamo sempre stati, ma non abbiamo avuto il coraggio di agire e di vivere. La reminescenza di noi stessi non è un processo nuovo all’umanità, fa parte di una conoscenza sapienziale molto antica. Ne parlò il filosofo ateniese Platone, che per spiegarne il processo utilizzò un racconto, perché dove l’argomentazione dimostrativa non poteva arrivare, il mito narrava un qualcosa di ragionevolmente vero, ma indimostrato e indimostrabile.

Il mito di Er
Ci sono le anime radunate in una pianura, presso il seggio della vergine Lachesi, al centro dell’universo, ognuna sceglie la propria vita futura per il nuovo ciclo di reincarnazioni. Non sarà un dio a scegliere, ma le anime stesse, mettendo a frutto la precedente esperienza di vita. È la più alta affermazione della responsabilità individuale mai letta nell’antichità. Il mito di Er, inoltre, mira a spiegare la teoria platonica della reminiscenza: conoscere è ri-conoscere.

“Dopo che ogni anima ebbe scelto la propria vita, si presentava a Lachesi nello stesso ordine in cui era stata sorteggiata, e questa le dava il dèmone che si era eletto, come compagno e custode della sua vita e altresì come garante della piena realizzazione delle scelte fatte. Il dèmone poi, in primo luogo, portava l’anima da Cloto, sotto la sua mano e sotto il fuso nel suo vorticoso roteare; in tal modo, il destino che uno si trovava ad aver scelto diveniva irreversibile. Toccato il fuso, il solito dèmone conduceva l’anima nel luogo in cui Atropo filava e così rendeva immutabile il destino. Da qui passavano, poi, senza, mai volgersi indietro, fin sotto il trono della Necessità e superato questo, quando anche gli altri erano passati, tutti insieme, prendevano la via della pianura di Lete in un caldo insopportabile, da togliere il fiato: in effetti in questi luoghi non si troverebbe nessun albero né alcun prodotto della terra. Alla sera posero le tende sulle sponde del fiume Amelete, la cui acqua nessun recipiente riesce a contenere.  Pertanto, ogni anima era costretta a berne solo una certa misura, anche se talune che il senno non soccorreva ne trangugiavano più del dovuto. E man mano che uno beveva perdeva completamente la memoria. A tal punto il sonno le avvolse, ma allo scoccare di mezzanotte, si verificò un boato e un terremoto e d’improvviso le anime si involarono da lì verso la nascita in tutte le direzioni, schizzando via come stelle cadenti.”
Platone, Repubblica – Libro X

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